Si fa un gran parlare di “olismo”, da parte di naturopati, terapeuti alternativi diversi e adesso persino medici convenzionali. Questa parola, impostasi nel mondo anglosassone ( “whole” che significa “tutto, intero”), deriva dal greco òlos. Parlare di approccio olistico significa, o dovrebbe significare, che il terapeuta ha un approccio che guarda alla persona tutta intera, all’unità di corpo/mente/spirito di chi si rivolge loro.
Questo, molto spesso, non è affatto vero, come rivela il modus operandi di moltissimi operatori “olistici” che privilegiano trattamenti frammentari, ponderali o molto specifici.
Eppure, la vera terapeutica naturale non può che essere olistica perché è l’uomo ad essere olistico. Dall’isterica di Freud e Charcot ai fondamentali passi della psicosomatica, ai più recenti sviluppi della psicobioneuroimmunologia, passando per le variabili interpretazioni della metamedicina di Claudia Rainville, della psicoenergetica di Michel Odoul, della nuova medicina germanica di Ryke Geerd Hamer (che immeritatamente ha oggi il consenso maggiore tra questi approcci), della medicina integrale di Thorwald Dethlefsen e Rüdiger Dahlke, e altre ancora, oggi è un fatto acquisito (anzi, riacquisito, perché più che tracce di esso si rinvengono già in Ippocrate, e un Paracelso era molto più avanti di noi) che la psiche interferisca con, e generi, processi corporei. Ma ancora di più: che non di rapporto causa-effetto si tratti ma di una sincronica espressione in diversi livelli dell’essere.
Da questo punto di vista, la concezione di Michel Odoul, che lui presenta con la metafora che segue (da Dis moi où tu as mal, je te dirai pourquoi, 1994) è quella che condivido di più.
«Noi siamo, dicono, come un carretto, un Calesse che rappresenta il nostro corpo fisico e che circola su un sentiero che simboleggia la vita o piuttosto il Cammino di Vita. Vediamo fin dove possiamo spingere quest’immagine.
Il sentiero su cui avanza il Calesse è una strada sterrata. Come tutte le strade sterrate, presenta buche, gibbosità, sassi, solchi e fossi da ogni lato. Le buche, le gibbosità e i sassi sono le difficoltà, gli urti della vita. I solchi sono gli schemi già esistenti che prendiamo da altri e che riproduciamo. Le fosse più o meno profonde rappresentano le regole, i limiti da non superare se non si vuole incorrere in un incidente.
Questo cammino comporta talvolta delle curve che impediscono la visibilità oppure attraversa zone di foschia o di temporale. Sono tutte fasi della nostra vita in cui ci troviamo “nella nebbia”, nelle quali abbiamo difficoltà a veder chiaro o a poter anticipare alcunché perché non possiamo “vedere davanti a noi”.
Questo Calesse è trainato da due cavalli, uno bianco (Yang) che si trova sulla sinistra e uno nero (Yin), a destra. Questi cavalli simboleggiano le emozioni, da cui si evince fino a qual punto siano esse a tirarci, ovvero a condurci nella vita. Il Calesse è guidato da un Cocchiere che rappresenta la nostra mente, il nostro Conscio. Esso è dotato di quattro ruote, due anteriori (le braccia), che danno la direzione o piuttosto implicano la direzione data dal Cocchiere ai cavalli, e due posteriori (le gambe) che portano e trasportano il carico (del resto, sono sempre un po’ più grosse delle ruote anteriori). All’interno del Calesse c’è un passeggero che non si vede. Si tratta del nostro Maestro o Guida Interiore, del nostro Non-Conscio, della nostra Coscienza Olografica. I cristiani lo chiamano “Angelo Custode”.
Il nostro Calesse personale avanza dunque sul cammino della vita, guidato in apparenza dal Cocchiere. Tengo a sottolineare in apparenza, perché se è vero che è lui a guidare, in realtà è il passeggero a precisare la destinazione. Ritroveremo ulteriormente questa spiegazione quando affronteremo gli argomenti del Cielo Anteriore e del Non-Conscio, delle scelte stabilite dallo Shen Prenatale e, in seguito, dallo Shen incarnato. Il Cocchiere, che è la nostra mente, conduce pertanto il Calesse. Dalla qualità della sua vigilanza e della sua condotta (ferma, ma dolce) dipenderà la qualità e la comodità del viaggio (esistenza). Se egli maltratta i cavalli (emozioni) e li sottopone ad angherie, questi ad un certo punto si innervosiranno o s’imbizzarriranno e rischieranno di provocare un incidente, proprio come le nostre emozioni talora ci conducono ad atti irragionevoli, se non addirittura pericolosi. Se il conducente è troppo rilassato, se manca di vigilanza, il tiro passerà nei solchi (imitazione degli schemi parentali, per esempio) e noi seguiremo quindi le tracce di altri, correndo il rischio per esempio di andare a finire nel fossato come loro, se l’hanno fatto. Allo stesso modo, se il Cocchiere non è vigile, non saprà nemmeno evitare le buche, le gibbosità (colpi, errori della vita) e il viaggio sarà molto disagevole per il Calesse, il Cocchiere stesso e il Maestro o Guida Interiore.
Se il cocchiere si addormenta o non tiene le redini, saranno i cavalli (emozioni) a condurre il Calesse. Se il cavallo nero è il più forte (perché l’abbiamo meglio nutrito), il Calesse tenderà a dirigersi verso la destra e ad essere guidato dalle immagini emotive materne. Se è il cavallo bianco quello di cui ci occupiamo maggiormente e che ci domina, il Calesse si dirigerà verso sinistra, verso le rappresentazioni emotive paterne. Quando il Cocchiere sprona i cavalli a correre velocemente, li forza proprio come facciamo noi in alcune circostanze; se i cavalli si imbizzarriscono, sarà il fossato ad arrestare più o meno violentemente tutto il tiro con più o meno danni (incidenti e traumi).
Talvolta una ruota o un pezzo del Calesse si allenta (malattia), sia perché era poco resistente, sia perché il Calesse è passato sopra troppe gibbosità e buche (accumulo di comportamenti, di atteggiamenti inadeguati). Pertanto, bisognerà correre ai ripari e, a seconda della gravità del danno, potremo farlo noi stessi (riposo, cicatrizzazione), dovremo ricorrere ad un meccanico (medicina dolce, naturale) o, se è più grave, a qualcuno che vi ponga rimedio (medicina moderna). Tuttavia, sarà senza alcun dubbio importante per noi non accontentarci di sostituire il pezzo. Al contrario, sarà importante riflettere sulla condotta del Cocchiere e sul modo in cui potremo mutare i nostri comportamenti, i nostri atteggiamenti nella vita, se non vogliamo che “il guasto” si ripresenti.
Qualche volta il Calesse attraversa zone di scarsa visibilità, vale a dire che non vediamo veramente dove ci stiamo dirigendo. Può trattarsi di una semplice svolta. Possiamo vederla e prepararci al suo arrivo anticipandola. Dovremo allora rallentare, individuare in quale direzione svolta il sentiero e seguire la curva tenendo con forza le redini (dominare, per esempio, le nostre emozioni durante le fasi di cambiamento volute o subite). Quando vi è foschia o temporali, ci risulta più difficile guidare il nostro Calesse.
Dobbiamo “navigare a vista”, rallentando il passo e basandoci sui bordi immediatamente visibili del sentiero. In questa fase dobbiamo avere una fiducia totale, per non dire “cieca” nel cammino di vita (leggi naturali, regole della Tradizione, Fede, eccetera) e nel Maestro o Guida Interiore (Non-Conscio) che ha scelto tale cammino. Sono quelle fasi della vita nelle quali ci sentiamo persi, “nella nebbia più totale” e in cui non sappiamo più dove stiamo andando. In tali circostanze non possiamo far altro che lasciare che la vita stessa ci mostri la strada da seguire.
Talvolta, infine, giungiamo ad incroci, biforcazioni. Se il sentiero non è munito di segnali, non sappiamo quale direzione prendere. Il Cocchiere (la mente, l’intelletto) può prendere una direzione a caso. Il rischio di sbagliarsi, addirittura di perdersi, è grande. Quanto più il Cocchiere è sicuro di sé, persuaso di sapere e padroneggiare tutto, quanto più vuole e crede di sapere quale direzione scegliere, tanto più il rischio sarà grande. Qui siamo nel regno della “tecnocrazia razionalista”, dove la ragione e l’intelletto credono di poter risolvere tutto. Se invece è umile e onesto con se stesso, egli chiederà consiglio al passeggero (Maestro o Guida Interiore). Quest’ultimo sa dove sta andando, conosce la destinazione finale. Potrà quindi indicarla al Cocchiere, che la imboccherà, se sarà stato capace di udire la risposta. Infatti, qualche volta il Calesse fa molto rumore procedendo ed è necessario arrestarsi per poter dialogare con il Maestro o Guida Interiore. Sono le pause, le ritirate che talvolta facciamo per ritrovare noi stessi, poiché ci può capitare di perderci.»
Suggerisco a chi è interessato la lettura dell’ottimo libro di Michel Odoul.
Dimmi dove ti fa male e ti dirò perché I richiami del corpo sono i messaggi dell’anima Michel Odoul |
E tu, cosa ne pensi? Hai mai scorto con evidenza il legame tra un tuo malessere interiore e un sintomo corporeo? Raccontami la tua esperienza in un commento qui in basso!
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