Ok, il titolo è solo una boutade e un omaggio a Woody Allen.
Però diavolo quanto mi piacerebbe che Georges Ohsawa (d’ora in poi “GO”) fosse qui tra noi, in viventi fattezze umane, a farci capire con la sua luminosa arguzia qualcosa di più di questi tempi così complessi e ostili.
Qui tra noi, anzichè in mezzo a qualche nuvola dell’astrale a osservare divertito il nostro dibatterci su questo minuscolo puntino infinitesimale dell’universo e accarezzarsi il mento sussurrando: “OH! So amusing! So interesting!!”
Ma tant’è.
Qualche giorno fa, un visitatore di questo blog, in un commento al post sulla Dieta numero 7, ha scritto:
“Il fatto che Ohsawa abbia dichiarato di voler seguire solo questo regime alimentare poco prima della sua morte, e che sia morto per un attacco di cuore, non mi sa sentire così tranquillo”
Quanto mi ha fatto piacere leggerlo!
Per due ragioni. In primo luogo perché è bello incontrare qualcuno che sa di che cosa è morto Ohsawa. In secondo luogo perché mi permette di parlare un po’ della morte di Georges Ohsawa, in merito alla quale vige per lo più una completa ignoranza.
In un suo articolo, tra le tante castronerie, l’ignorantissimo (di Ohsawa, eh) Valdo Vaccaro cita l’incidente stradale nel quale prematuramente perse la vita il padre della macrobiotica.
E’ quel che pensa un buon 90% dei “macrobiotici”: Georges Ohsawa è morto in un incidente stradale.
Peccato che questa sia una balla. 100% falsa.
La colpa non è di Vaccaro (che parlando di Ohsawa non sa di che parla e quindi è il minimo sindacale che sbagli su questo), e non è neanche dei macrobiotici contemporanei.
La colpa è della manina che redasse la quarta di copertina dell’edizione italiana più longeva dello Zen Macrobiotico, libro-culto di Ohsawa, pubblicato da Astrolabio con il titolo di La Dieta Macrobiotica (puoi trovarlo QUI, e nonostante tutti i difetti della traduzione merita l’acquisto, anche perchè è l’unico libro di GO non fuori catalogo!).
La “manina” scrisse infatti che sia pure “nel pieno vigore fisico e mentale” GO morì “in un incidente” (diventato “stradale” nell’immaginario collettivo).
Eccolo:
Ora, tutto si può pensare fuorchè che nel 1968, anno di pubblicazione dell’edizione italiana, a cadavere di Ohsawa ancora fresco, qualcuno potesse veramente pensare che fosse morto così. Dunque dobbiamo escludere la buona fede.
Non so chi c’è dietro quella manina, ma so che cosa c’è. C’è il senso di colpa esterno verso una pratica che prometteva “il ringiovanimento e la longevità” e poi il suo fondatore muore a 73 anni. C’è la sfiducia verso una disciplina che fin da subito, e da molti, da troppi, da quasi tutti, è stata intesa come una dieta o una scienza salutistica per l’incapacità di coglierne la base squisitamente spirituale. C’è la prigionia della paura di “cosa penseranno gli altri?” al posto della libertà totale e incondizionata insegnata da Georges Ohsawa ogni singolo giorno della sua vita.
C’è la colpa e la vergogna che discende dalla consapevolezza di aver mal praticato. Infatti, è molto tipico e perfino oggetto di divertita aneddotica che “i macrobiotici” non seguano le direttive alimentari della macrobiotica. Non lo facevano nemmeno i maestri. Neanche io lo faccio.
Michio Kushi «come chiunque può ricordare andava nei ristoranti locali tutti i giorni, beveva caffè, mangiava toast e muffin e fumava sigarette. A sera spesso cenava fuori, tardi, dopo le sue conferenze, a volte alla locale International House of Pancakes (IHOP), dove ordinava frittelle di grano saraceno e un’occasionale frittata. Fece così per anni.». Lo dice suo figlio, non io.
Herman Aihara «ammise nel corso di un campo French Meadows che per quattro anni era andato tutti i giorni in un negozio di ciambelle a consumare ciambelle e caffè». Lo dice il suo fido braccio destro, Carl Ferrè, non io.
E… udite udite, nemmeno Georges Ohsawa rispettava le sue prescrizioni alimentari!
Dal whiskey a interi meloni (anche un po’ fradici), il Maestro non si faceva mancare nulla. Certo, qui c’è un però. Ohsawa riteneva che il miglior modo per conoscere l’Ordine dell’Universo fosse violarlo, e non a torto, visto che a lui è toccato il Compito di decifrarlo. In molti modi. Ad esempio con i 45 giorni consecutivi di completa privazione di sonno, grazie a una dieta molto yang, per portare a termine l’ostica traduzione in giapponese di The Meeting of East and West di F. S. C. Northrop. Ad esempio ammalandosi volontariamente di una malattia mortale a Lambarené, nel Congo belga.
Approfondisco questo tema nel mio e-book La Maledetta Macrobiotica dei Miracoli, che puoi scaricare gratuitamente QUI.
Ma il punto non è la trasgressione. Diceva Ohsawa che se non trasgredite non potete capire. Che dovete essere liberi. Che dovete sperimentare su voi stessi e osare.
Il punto è vergognarsi di averlo fatto. E peggio ancora: vergognarsi in conto terzi, cioè vergognarsi che il papà della Macrobiotica lo abbia fatto. Se hai capito la Macrobiotica hai capito che non c’è nulla di cui vergognarsi se non mentire (7^ condizione della salute secondo GO). Se hai capito la Macrobiotica non hai bisogno di inventare una morte “ragionevole” perchè hai bisogno di occultarne una che (a te) sembra disonorevole.
Insomma, vuoi dirci come è morto Georges Ohsawa?
Gli si è fermato il cuore, sic et simpliciter.
Perchè? Questa è una storia affascinante come un romanzo, in cui si mescolano ipotesi suggestive (è possibile creare una coca cola macrobiotica?), indizi da seguire, fili invisibili che riportano indietro nel tempo e nello spazio (nella giungla africana del Gabon, 1955, per la precisione). Si è risvegliato qualcosa nell’organismo di GO? Che cosa? anzi: chi? E perchè?
Ma non ti serve che te lo racconti io. Puoi leggerle in prima persona dalle vive parole di Lima, la moglie di Georges, nel libro appena pubblicato La Grande Opera di Sensei Ohsawa. Leggerai anche la precisa consapevolezza “sovrasensibile” di GO sulla sua morte imminente, espressa in una quantità di profezie molto puntuali, come ad esempio questa:
A partire dai 73 anni, mi allenerò a cercare il segreto per vivere eternamente come un alchimista, come Lao-Tzu, divertendomi da solo, senza alcuna preoccupazione, senza mangiare cereali (mangiando nuvole e nebbie), senza che la mia esistenza sia conosciuta…
Prima potevamo dire “eh mica è colpa mia se di Ohsawa non si trova nulla in italiano!“. Adesso non abbiamo più scuse. La Grande Opera di Sensei Ohsawa ti dirà tutta la verità sulla vita, i pensieri e le opere dell’uomo che portava le montagne al mare e il mare alle montagne. Puoi ordinare il libro QUI. E’ gigante. Arriva subito. Ed è bellissimo.
Fabio
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Ho appena ordinato il libro e fare chiarezza sulla morte di G.O. sarà interessante. Negli anni ho sentito varie versioni: l’incidente stradale che citi è la versione più comune e concordo in pieno che fosse un maldestro tentativo di giustificare questa morte. Dico maldestro perché nella visione di Ohsawa non credo esistano incidenti che capitano senza una responsabilità, almeno energetica, dell’individuo e quindi, se si interpreta la macrobiotica come mera arte della longevità, G.O. avrebbe comunque fallito.
Personalmente non credo che la macrobiotica sia questo, non è quanto si vive, ma quello che si riesce a dare.
Purtroppo ho vissuto su di me questo condizionamento che porta i macrobiotici dichiarati a mentire sul proprio stato di salute (ma l’ho ritrovato identico in persone di varie religioni che non potevano ammettere di essere infelici). Ha le sue radici nel senso di colpa (non voler gettare fango su quella che si ritiene una possibilità di salvezza per tutti), nell’arroganza (di non volersi mostrare deboli) e in una assoluta mancanza di fede che porta a un tentativo di controllo folle (si pensa di dover dimostrare noi stessi che la macrobiotica, lo yoga, la psicoterapia o quant’altro funzionano. Ma non c’è bisogno, perché l’Universo ha parlato da sempre a tutti gli esseri e non ha bisogno delle nostre “prove del nove”).
Una radice profonda del problema sta nell’identificazione: se non si dichiara di aver aderito a una certa filosofia, mancando quella identificazione non si sente il bisogno di nascondere ciò che ci accade.
L’unico aiuto concreto che possiamo dare agli altri è condividere nel modo più onesto la nostra esperienza, permettendo loro così di conoscere qualcosa in più sull’ordine dell’Universo. Viceversa mentendo li portiamo fuori strada.
Ecco…volevo essere breve, ma i temi che affronti tu Fabio mi appassionano e…è andata così!
Condivido parola per parola. Grazie di cuore Anna
Caro Fabio, ti ringrazio per ciò che hai composto, per la semplicità e chiarezza d’espressione. Finalmente, uno che ha forse compreso.
Grazie a te, Francesco, per aver capito.
Morire fa parte delle nostre esperienze, e questo GO lo sapeva, la vita è una esperienza e la morte consente un “nuovo inizio”, una ulteriore esperienza. Siamo noi a ricercare l’immortalità (che già esiste) puntando all’elisir di lunga vita. Importa maggiormente come viviamo in queste parentesi materiali e non quanto sostiamo.