window.dojoRequire(["mojo/signup-forms/Loader"], function(L) { L.start({"baseUrl":"mc.us1.list-manage.com","uuid":"c3199c8c10a821ca1152015b7","lid":"b05be0d19c","uniqueMethods":true}) }) L'ipnosi regressiva a vite precedenti è una disciplina ancora bambina,…
Quando i modelli di comportamento del passato che agiscono inconsciamente, compulsivamente e rigidamente sono compresi e rilasciati, si crea l’opportunità di essere liberi dal passato e diventare finalmente maestri del proprio destino.
La regressione ipnotica alla scoperta delle vite precedenti è ormai così popolare che il termine “ipnosi regressiva” né è diventato sinonimo. In effetti non è così, perché in ipnosi si può regredire (cioè: tornare indietro) fino a una vita precedente ma anche nell’ambito della vita attuale. Non è detto che ciò sia per forza meno suggestivo o poco utile: rivivere l’inizio o la fine di un grande amore, il primo giorno di lavoro, o quel maledetto periodo in cui tutto era nero e che ancora oggi non abbiamo davvero sciolto dentro di noi, può regalarci comprensioni profonde di estremo valore per la nostra vita. Anche questa è ipnosi regressiva.
Certamente, l’esplorazione delle vite precedenti è un invito quasi irresistibile. Non potrebbe essere altrimenti, perché è un viaggio nella vicenda della propria Anima, ed è un viaggio ricco di implicazioni esistenziali, filosofiche, destiniche.
(…) allora mi venne un’idea folle… dove porterebbe l’ulteriore regressione nel tempo? (…) Decisi che quella sera non avrei interrotto la regressione alla nascita (…) avrei tentato di andare più indietro… (…) Infine il signor T., notevolmente affannato, riprese a parlare e disse: ‘Il mio nome è Guy Lafarge. Vivo in Rue du Connétable, nella città di Wissembourg, in Francia. È il 1870 e ho diciotto anni… (Thorwald Dethlefsen, Vita dopo vita)
Molti pensano che tutti i racconti e i ricordi che emergono da una sessione di ipnosi regressiva siano una dimostrazione inconfutabile della verità dell’esistenza del Ciclo delle Reincarnazioni.
Questa idea è avvalorata dal lavoro di legioni di “operatori” e “terapeuti” olistici spesso privi di una solida formazione teorica e tecnica sull’ipnosi regressiva, che prendono per buona qualunque informazione emerga nel sonno ipnotico.
Lo fanno, per lo più, in buona fede, perché non hanno gli strumenti per discernere, per distinguere vero dal verosimile e il verosimile dal falso. E spesso senza nemmeno accorgersene sono loro stessi, con la costruzione errata delle domande, a instillare alla mente subconscia della persona gli elementi con cui generare una risposta, che a quel punto sarà inattendibile.
Tuttavia, così facendo non prestano un buon servizio né alle enormi potenzialità dell’ipnosi regressiva né – soprattutto – alla persona che si è rivolta loro, che se ne andrà convinta di avere “scoperto” chi era in una vita precedente.
Eppure esistono almeno 3 altre possibili spiegazioni alternative. Importante: queste possibilità non si escludono a vicenda e non escludono affatto che vi siano sessioni di ipnosi regressiva nelle quali veramente si esplori la propria precedente incarnazione.
Semplicemente, è possibile che i ricordi che via via emergono appartengano a un diverso ordine di fenomeni, che non sono affatto da disprezzare ma che anzi accompagnano e arricchiscono questa straordinaria ricerca nel Sé che l’ipnosi regressiva consente.
Ecco perché le ho chiamate le 3 gemme nascoste. Sono gemme, non scarti. Gemme, non qualcosa da meno di veri ricordi di una vita precedente. E sono nascoste, perché l’impreparazione degli operatori non permette di identificarle quando si presentano sotto i nostri occhi.
Non riconoscendole, però, mettiamo tutto nel calderone dei “ricordi della vita passata” e perdiamo occasioni straordinarie di evoluzione personale che, ironicamente, è proprio ciò che eravamo venuti a cercare nella regressione ipnotica!
Vediamo allora che cos’altro può esserci dietro la narrazione che emerge in una sessione di ipnosi andando a cercare il vissuto di una vita precedente.
Gemma n° 1: CRIPTOMNESIA
In questa condizione una persona ha accesso a ricordi (o anche talenti) che ha acquisito inconsciamente. Tipicamente non sa da dove questi ricordi originano. Sono memorie che rimangono giacenti per lungo tempo ed emergono in superficie di solito soltanto in circostanze particolari: trance ipnotica appunto, meditazione, autoipnosi e a volte in seguito a un trauma cranico.
Si tratta di un fenomeno peculiare e per certi aspetti inquietante, e spesso chi lo sperimenta o ne è testimone tende a considerare questi ricordi appartenenti a un ordine sovrannaturale, o appunto frammenti di una vita precedente, o anche possessioni da parte di entità, oppure comunicazioni divine o angeliche.
Quel che si perde a livello cosciente è il contatto con la fonte del ricordo, con la fonte dell’informazione, che non potendo essere attribuita a “normali eventi di questa vita” viene proiettata in altre vite o dimensioni. Quando si riesce a recuperare l’origine dell’informazione, la criptomnesia si svela. Come ad esempio nel caso molto famoso di un medium inglese di nome William Stanton Moses, che nel 1874 dichiarò di essere in contatto con le anime di due ragazzi indiani da poco defunti. Successivamente si scoprì che l’informazione era stata inconsapevolmente acquisita da una pagina di annunci mortuari pubblicata qualche giorno prima.
In una sessione di ipnosi regressiva la criptomnesia è possibile e serve l’occhio attento dell’operatore per individuarla.
Un caso famoso in questo ambito è quello di Virginia Tighe, una casalinga americana che nel 1952 sotto ipnosi ricordò di chiamarsi, in una esistenza precedente, Bridey Murphy, nata nel 1798 nei pressi di Cork, in Irlanda.
La Tighe fornì molti dettagli di quella vita: date di nascita e morte, nomi di persone, ecc. Inoltre sotto ipnosi parlava con accento irlandese e raccontò molti dettagli del folklore tipico dell’Irlanda.
Molti ricercatori andarono in quei luoghi e fecero ricerche d’archivio senza riscontri significativi.
Però uno studio sistematico notò diversi elementi degni di attenzione. Ad esempio, si scoprì che una vicina di casa di Virginia, quando lei era bambina, si chiamava Bridie Murphy
Corkell. Curiose risonanze: il nome è praticamente identico a quello della
“lei” nella vita precedente e non è possibile non notare la vicinanza tra Corkell e Cork. Si scoprì anche che da bambina trascorreva tantissimo tempo con una zia irlandese che le raccontava storie e le insegnava balli e canti tipici di quella popolazione.
Questo è un caso perfetto di criptomnesia nel corso di una ipnosi regressiva alle vite precedenti. Era in buona fede la Tighe? Certo che sì. Narrava quel che credeva di ricordare, ma in realtà stava inconsapevolmente mettendo insieme frammenti di realtà per costruire una fantasia.
La criptomnesia è un fenomeno estremamente interessante, e riconoscerla (come può fare, anche se non sempre, un operatore preparato) permette di fare un “viaggio nel viaggio”, di assumere i panni degli investigatori per venire a capo dell’origine di tutti i frammenti della narrazione. Può essere ancora più entusiasmante che rivivere una “vera” vita precedente!
Gemma n° 2: L’INCONSCIO COLLETTIVO
L’inconscio collettivo di Carl Gustav Jung è quell’immenso oceano di forme archetipiche che riposano al di là dell’inconscio personale.
La tesi qui è che nella regressione a una vita precedente la mente subconscia di un individuo possa in realtà stare immergendosi in una sorta di deposito della memoria universale. Questo deposito custodisce i residui stratificati dell’esperienza delle forme evolutive pre-umane. Immagini trattenute nella psiche umana dalla nostra lunga, faticosa lotta evolutiva. Jung scorse l’esistenza dell’inconscio collettivo esaminando i sogni e le fantasie dei suoi pazienti: vi trovò idee e immagini le cui origini non potevano ricondursi alla diretta e individuale esperienza umana delle persone. Così coniò l’espressione “archetipi”, a causa della vicinanza di queste idee a temi religiosi e mitici, che descrisse come non ricordi ma piuttosto forme prive di contenuto, come potenzialità di un certo tipo di percezione e di azione. E’ come se gli archetipi fornissero uno “stampo” per generare e riattualizzare nel tempo, nella vita individuale delle persone idee affini.
Così, la nostra esperienza umana può attingere, ed effettivamente attinge costantemente, a questa esperienza universale e al contempo utilizza queste forme per comprendere e manifestare la propria vicenda di vita. I più noti tra gli archetipi individuati da Jung sono l’Ombra, il Vecchio Saggio, Anima, Animus, la Persona.
Durante la regressione ipnotica a volte è possibile che la “vita precedente” che viene descritta sia sviluppata a partire da una serie di proiezioni archetipali utilizzate per formare una storia che, sebbene apparentemente realistica, non è letteralmente vera. A volte può darsi che ciò che viene presentato sia effettivamente una storia mitica nel senso che la mente ha creato un mito per illustrare ricordi inconsci che potrebbe essere troppo traumatico portare pienamente al riconoscimento della coscienza. Così, la rievocazione di una vita precedente può a volte essere in realtà una maschera per liberare ricordi repressi di eventi traumatici nella vita attuale del soggetto. Potrebbero essere utilizzati gli archetipi per generare una storia simbolica ma altamente plausibile che funge da puntello alla vera realtà letterale.
Questa possibilità dell’inconscio collettivo che muove le fila della narrazione in una ipnosi regressiva è davvero una gemma rara e preziosa, considerato quanto sia difficile con qualunque mezzo esplorare questo oceano denso e oscuro di simboli identificato da Carl Gustav Jung. E occorre tutta la sensibilità e la preparazione dell’ipnologo per coglierne i segni.
Gemma n° 3: TRASMISSIONE DELLA MEMORIA GENETICA
Si tratta di una possibilità incredibilmente affascinante, che affiora da studi convergenti di discipline molto diverse, quali la genetica e le neuroscienze. L’ipotesi è che nell’ipnosi regressiva la memoria ancestrale che emerge come narrazione di vite precedenti sia vera memoria trasmessa geneticamente.
La maggioranza dei neuroscienziati crede che la memoria a lungo termine sia costruita nel cervello creando e rafforzando connessioni tra neuroni adiacenti. Si ritiene che questi connessioni fisiche, chiamate sinapsi, uniscano insieme i neuroni per formare reti estremamente complesse.
Queste reti possono quindi ricreare specifici modelli di attività cerebrale, come appunto la rievocazione di ricordi, molto tempo dopo l’evento iniziale. Il problema in questo modello è che queste connessioni dovrebbero essere stabili e permanenti, e il cervello evidentemente non lo è. Quasi tutte le molecole cerebrali, incluse quelle correlate ai processi mnemonici, si rigenerano nel giro di poche settimane. Per quanto tempo i ricordi a lungo termine possano essere immagazzinati in un mezzo così impermanente è materia che ha confuso le neuroscienze per anni.
Ed ecco la terza gemma. Una idea molto recente e controversa è che i nostri ricordi siano immagazzinati nei nostri geni. E’ stato accettato fin dagli esperimenti di Wilder Penfield negli anni ’50 secolo scorso che nascosto dentro di noi c’è un registro permanente del nostro passato. Ne vediamo costantemente i segni, per esempio tutte le volte che sentiamo un particolare odore o ascoltiamo una certa canzone e siamo istantaneamente trasportati indietro nel tempo a un intenso ricordo dell’infanzia.
Ora, noi sappiamo che soltanto tre sistemi di memoria agiscono naturalmente. 1) La nostra memoria evolutiva che ci dice come costruire l’organismo. 2) Una memoria cognitiva degli eventi che abbiamo vissuto. 3) La memoria delle infezioni contratte, che contribuisce al miglior funzionamento del sistema immunitario. Visto che due di questi tre sistemi (1 e 3) poggiano sul DNA, potremmo attenderci che anche per il 2 sia così, anche se per il momento non possiamo dimostrarlo. Se la teoria è corretta, allora la nostra identità, il nostro “sè”, lascia un’impronta permanente sul nostro genoma. E questo, come il colore degli occhi, è trasmesso ai nostri discendenti.
E’ stato stimato che forse un 40% circa dei tratti della personalità sono ereditati, come ad esempio la polarità introversione/estroversione. Questa teoria potrebbe spiegare come. Se la memoria è immagazzinata nei geni abbiamo accesso a ricordi istintivi? E’ possibile accedere ad altre memorie ancestrali localizzate nel nostro DNA? Potrebbe essere una spiegazione per le rievocazioni di vite precedenti nell’ipnosi regressiva?
Se la risposta è sì, significa che la persona sotto regressione ipnotica potrebbe stare ricordando dettagli veri di una vita precedente vera che però non è la sua, ma di un suo antenato genetico. Una ipotesi eccitante e travolgente!
Ed eccoti presentate le 3 gemme, e le 3 insidie, di una sessione di ipnosi regressiva. Se una di queste si manifesta e viene riconosciuta (con un certo margine di probabilità, perchè l’impalpabilità della memoria rende impossibile verifiche decisive), emerge l’aspetto di GEMMA. E’ possibile lavorarci sopra, seguire i fili invisibili che intersecano gli accadimenti della nostra vicenda umana e acquisire insight profondi in grado di farci avanzare enormemente nel nostro percorso di vita. Se la gemma non viene riconosciuta, diventa soltanto una pericolosa INSIDIA, un serpente nascosto nell’ombra che falserà in tutto o in parte la veracità della nostra narrazione, del nostro ricordo, rendendo la sessione ipnotica un’esperienza fuorviante, apportando confusione invece che chiarezza, nuovi dubbi invece che risposte alle domande da cui eravamo partiti.
In realtà, esiste ancora un’altra possibilità, oltre alle 3 che abbiamo esaminato: la possibilità che i ricordi non siano i nostri, ma di qualcun altro o qualcos’altro che gravita nel nostro campo aurico, un “ospite” per così dire non sempre graditissimo e di cui anzi faremmo bene a sbarazzarci il prima possibile.
Come fare allora? Anzitutto affidarsi a un operatore qualificato e dal “palpabile” spessore umano, che abbia la preparazione e la sensibilità necessaria a leggere le mille sfumature che colorano il racconto del soggetto sotto ipnosi. In secondo luogo, e soprattutto, prepararsi alla possibilità che la gemma preziosa che stiamo per disseppellire dal terreno non sia quella che ci attendevamo, ma una un po’ diversa ma ugualmente meravigliosa.
Questa meraviglia, quando correttamente evocata proprio per l’attenzione alle possibilità che ho descritto, supera infatti qualunque speculazione sull’autentica origine dei ricordi regressivi. E non a caso quando interpellai in proposito il mio professore al corso di Past Life Regression, mi rispose: «When past behaviour patterns which operate unconsciously, compulsively and rigidly are understood and released, the opportunity is there to experience freedom from the past and, finally, to become the master of one’s own destiny». Quando i modelli di comportamento del passato che agiscono inconsciamente, compulsivamente e rigidamente sono compresi e rilasciati, si crea l’opportunità di essere liberi dal passato e diventare finalmente maestri del proprio destino. Questa è la più grande utilità dell’ipnosi regressiva, e questa è la gemma più preziosa di tutte.
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